Deborah Chiodoni

Direttrice Comunicazione Museo della Scienza e della Tecnica di Milano


Un percorso a tappe, che l’ha portata a esplorare diversi aspetti del mondo della comunicazione, per poi approdare a quello che sente più suo: la comunicazione culturale. Deborah Chiodoni, laureata in Lettere moderne e comunicazioni sociali all’Università Cattolica di Milano e giornalista pubblicista, è capo ufficio stampa del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.

Laurearsi è sempre stato il suo sogno: «Ho avuto la fortuna di iscrivermi alla facoltà ideale per me, Lettere moderne, con indirizzo in Comunicazioni sociali, dove mi sono laureata con lode in Storia del Giornalismo». Ha dei bellissimi ricordi legati alla Cattolica e ai suoi docenti, che descrive come molto appassionati, e torna volentieri su un episodio significativo per il suo percorso: l’incontro casuale con la professoressa di latino Giovanna Biffino Galimberti – «tuttora una persona molto importante per me» – che la aiutò a superare un momento di crisi suggerendole di non abbandonare la facoltà di Lettere per un’altra, convinta della bontà della sua scelta.
«Fin dai tempi della scuola mi appassionava crearmi la mia rassegna stampa quotidiana. Iscrivermi a Lettere moderne è stata una scelta temeraria ma appagante perché, se frequentata dopo il liceo classico, come nel mio caso, è un percorso che offre le competenze, l’apertura mentale, la capacità di ragionamento e la flessibilità richieste nel mondo del lavoro», afferma.

Ai neodiplomati consiglia di seguire la propria vocazione, per poi investire in una specializzazione, che oggi deve passare attraverso lo studio delle lingue e le esperienze all’estero. A loro, come ai neolaureati, suggerisce di sforzarsi sempre di essere curiosi, intraprendenti e determinati, di cogliere tutte le opportunità del loro percorso, di imparare a lavorare e a relazionarsi con persone di tutte le nazionalità, perché ormai viviamo in un mondo globale.
«Sono sempre stata curiosa e sia durante che dopo gli studi mi sono cimentata in esperienze lavorative anche molto diverse fra loro, sia in Italia che all’estero: forse stavo cercando la mia strada e volevo capire quale percorso mi interessasse di più», continua Chiodoni.

Fra le attività intraprese, la collaborazione all’organizzazione di convegni in Cattolica, l’attività di volontariato per il Pen Club, associazione impegnata nella tutela della libertà di espressione,
il lavoro come hostess per eventi aziendali e l’esperienza nella comunicazione di prodotto. Dopo un corso di specializzazione in Comunicazione della moda ha lavorato nella società di consulenza Pambianco e una società di web marketing e streaming del gruppo di moda Mariella Burani, per poi approdare, nel 2003, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, che si stava già trasformando da ente pubblico a Fondazione di diritto privato. «Qui ho avuto la possibilità di crescere rapidamente –racconta – passando da un contratto a progetto per la diffusione della cultura scientifica a Responsabile delle Relazioni Esterne e della Comunicazione e poi a Capo Ufficio Stampa».
Il Museo racconta storie di scienza, tecnologia e industria, in sintonia con l’idea del fondatore, l’industriale milanese Guido Ucelli, che voleva dotare l’Italia, al pari degli altri grandi Paesi europei, di un museo che raccontasse “il divenire del mondo” a partire da uno sguardo di unità della cultura: «Questa idea di dialogo tra la cultura umanistica e quella tecnico-scientifica ispira, tutt’oggi, il piano strategico di sviluppo dell’Istituzione. Non a caso il Museo è dedicato a Leonardo da Vinci, simbolo dell’unità fra le culture», spiega Chiodoni. Negli ultimi dieci anni il Museo ha intrapreso un processo di rinnovamento e sviluppo culturale, economico e organizzativo, fondando la propria strategia su due pilastri: quello culturale-educativo e quello della sostenibilità economica.
Il modello culturale-educativo integra approcci interpretativi delle collezioni storiche e metodologie educative: è riconoscibile e innovativo, rispecchia l’identità del Museo nel panorama culturale nazionale e internazionale e viene costantemente implementato con un lavoro di ricerca e di sperimentazione per massimizzare l’impatto dell’esperienza proposta ai visitatori. La sostenibilità economica è garantita per circa il 20% dalla biglietteria, che ad oggi conta quasi 500.000 visitatori tra cittadini, insegnanti, studenti, figure istituzionali e giornalisti. Per il resto,
il Museo, che si espande su una superficie di 50.000 metri quadrati, si sostenta grazie ad altre attività commerciali,
che vanno dall’organizzazione di eventi negli spazi museali al merchandising e alle attività del negozio, dalla vendita di know how nel campo della produzione di mostre alla partnership con i privati e al fund raising.

«Anche se il contesto economico non è paragonabile a quello di altre realtà europee, dove musei e science centres ricevono finanziamenti pubblici largamente superiori, il nostro Museo sta compiendo un grande sforzo per rispondere alle esigenze della società. L’obiettivo è concorrere a sviluppare il complesso di competenze utili per comprendere le implicazioni della scienza e della tecnologia sulla vita quotidiana e le loro interazioni con altri settori del sapere e della società», prosegue Chiodoni, che per rendere l’idea di un’organizzazione composita e articolata ama paragonare il Museo a un organismo vivente. I campi d’azione individuati sono la creazione di nuove aree tematiche e il rinnovamento di quelle già esistenti, come esposizioni museali e laboratori; la valorizzazione degli spazi e dei servizi per il pubblico, per rendere la visita un piacevole momento di socializzazione e di intrattenimento; l’arricchimento dell’offerta culturale, con incontri finalizzati a far dialogare scienziati, ricercatori e pubblico su temi di attualità; attività educative interattive, ma anche mostre temporanee e appuntamenti dedicati alla musica e alla danza che permettono di far conoscere il Museo e i suoi oggetti.

In questo quadro, i diversi modi e canali per comunicare questa complessità dipendono sia dal contenuto che dal target di riferimento a cui il messaggio è rivolto, che si differenzia per età, professione, interessi e abitudini di fruizione, dagli affezionati alla carta ai nativi digitali. In particolare, le attività di comunicazione sono rivolte ai media con modalità differenti a seconda della “notiziabilità” dell’argomento da comunicare e del suo posizionamento nell’ambito delle strategie del Museo. «Nell’ultimo decennio – continua Chiodoni–, a partire dall’impulso generato dal Direttore Generale Fiorenzo Galli, si è passati a una comunicazione strategica trasversale a ogni settore, pianificata in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue fasi. Tra i suoi frutti c’è anche l’evento realizzato per il trasporto del sottomarino Toti nel 2005, che ha modificato la percezione del Museo e l’ha popolarizzata, facendone riscoprire
anche aspetti meno immediati
».
Certo, si dovrebbe fare di più, soprattutto a livello istituzionale: «Viaggiando osservo differenze importanti fra i nostri musei pubblici e quelli all’estero e questo mi rattrista». Frequentando i colleghi che lavorano nei settori culturali stranieri, racconta, ci si accorge che la mancanza di comprensione del ruolo, di attenzione e di sostegno economico da parte delle nostre Istituzioni fa sì che da noi i risultati siano molto diversi, perché è impossibile che realtà come
queste riescano a fi nanziarsi al 100% in autonomia. L’attenzione, l’ascolto, la considerazione dei Governi inglese,
tedesco, francese verso i musei e il loro personale è molto diversa: «L’Italia soffre questa mancanza, il nostro lavoro viene riconosciuto solo a parole come importante per il Paese dal punto di vista sociale ed educativo. Occorre investire sulle giovani generazioni e sui professionisti: gli stranieri ce li invidiano insieme al nostro patrimonio culturale e spesso li premiano con finanziamenti e cariche che ci fanno onore all’estero».

Chiodoni è convinta che per far funzionare una struttura museale non basti un buon direttore: servono persone competenti e preparate, mezzi, strumenti e possibilità. E sulle recenti nomine di direttori stranieri a capo di molti musei italiani non ha dubbi: «Mi sembra assolutamente normale che in ogni Paese, a capo delle istituzioni culturali, vengano nominate delle persone di qualità e di alto profilo, a prescindere dalla nazionalità. Anzi credo da sempre
che le contaminazioni culturali e di mentalità portino a un arricchimento
».

Presenza, 2016 - Ne ha fatta di strada di Elisa Conselvan